L’impressione a caldo: una tecnica antica per progetti contemporanei

Cosa succede quando realizzo una scritta impressa a mano a caldo?

Spesso mi rendo conto che non è facile spiegare davvero ciò che faccio. Per questo ho deciso di partire da una delle tecniche più affascinanti e meno conosciute del mio lavoro: l’impressione a caldo eseguita a mano, con il ferro.

Si chiama titolatura a mano e consiste nell’inserire lettere in ottone all’interno di un attrezzo chiamato compositoio, che vedete in foto.

Nel metodo originario questa tecnica veniva utilizzata sul cuoio con oro zecchino. Oggi sono pochissimi i rilegatori al mondo che la sanno ancora praticare. Una variante più diffusa, ma comunque poco utilizzata, prevede l’uso di una pellicola dorata (foil), impressa grazie al calore del compositoio rovente.

E cosa succede quando, come me, si decide di applicarla anche al cartoncino?

Ogni lavorazione diventa una piccola sfida. Ogni cartoncino reagisce in modo diverso, e più la scritta è lunga, più diventa difficile mantenerla precisa. Anche il numero di caratteri che si possono comporre contemporaneamente è limitato.

Utilizzo spesso il cartoncino perché oggi la pelle è meno richiesta. È considerata meno attuale e molte persone la evitano per motivi etici. E sì, potrei scegliere metodi più moderni, più rapidi, più precisi. Ma la verità è che la manualità, oggi, ha un valore enorme.

Forse il risultato non è perfetto. Ma racconta qualcosa: il tempo speso, la cura, la scelta di fare con le mani ciò che molti affidano ormai a una macchina.

E questo, per me, è un valore che si sente.

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